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I terapeuti iniziarono ad interessarsi delle dinamiche familiari dopo la Seconda Guerra Mondiale, poiché osservarono che molti veterani di guerra superavano più facilmente i traumi emotivi una volta che si ricongiungevano con le loro famiglie, mentre non capivano come mai i pazienti con gravi problemi non rispondevano a nessuna delle cure ricevute, oppure regredivano quando tornavano a casa dalle loro rispettive famiglie.
Infatti PRIMA della nascita della “TERAPIA FAMILIARE”, gli psichiatri e gli psicanalisti si focalizzavano unicamente sulla psiche già formata dei pazienti, e non davano importanza ai fattori esterni.
Così, dopo il secondo conflitto mondiale, i terapeuti si focalizzarono sull’osservazione dell’influenza positiva o negativa dei familiari sui pazienti: in altre parole cominciarono ad aprirsi all’osservazione della relazione con l’altro, anziché continuare a focalizzarsi solamente sulle “istanze intrapsichiche”.[1] Si iniziò così a ridurre l’importanza attribuita al carattere di base del paziente e si iniziò a dare maggiore peso alle influenze che su di esso ha avuto la famiglia di origine. Per cui la TERAPIA FAMILIARE è un approccio nuovo e diverso per comprendere come si generano le psicopatologie, rispetto alla psicoterapia classica. Le scuole di pensiero della psicopatologia[2] tendono ad essere molto dogmatiche e a rifiutare categoricamente le ipotesi delle altre scuole – fra queste numerose scuole di pensiero ricordiamo:
- la scuola comportamentista.
- La scuola cognitivista.
- La scuola umanistica.
- La scuola psicodinamica.
- La scuola psicoanalitica.
- Eccetera.
Ciascuna di esse sostiene che il comportamento umano dipende solo da determinate cause e influenze, rifiutandosi di tenere in considerazione le altre teorie.
Con la nascita della TERAPIA DI FAMIGLIA il FOCUS diventa il SISTEMA FAMILIARE disfunzionale, tuttavia anche in questa nuova scuola di pensiero i terapeuti tendono ciascuno a focalizzarsi solamente su alcuni aspetti di famiglia, tralasciando tutti gli altri – dunque il dogmatismo della psicanalisi non è ancora stato veramente superato.
La TERAPIA FAMILIARE è stata pienamente sviluppata mezzo secolo fa, ecco perché i testi fondamentali di questo movimento risultano un po’ datati.
Nel 1962 nasce il Family Process Journal, fondato da Nathan W. Ackerman e da Don D. Jackson: questa fu la prima rivista a trattare principalmente di terapia della famiglia. Successivamente nacquero moltissime altre riviste dedicate a questo stesso tema, e, dato che l’argomento nel corso del tempo divenne sempre più vasto, si è resto necessario creare delle CLASSIFICAZIONI DELLE DIVERSE FORME DI TERAPIA FAMILIARE, ecco perché si distingue fra 4 SCUOLE FONDAMENTALI DI TERAPIA FAMILIARE:
- gli approcci psicanalitici, fondati sul “rapporto oggettuale”, ossia sulla percezione dell’altro come persona e altro da sé.
- Gli approcci intergenerazionali (studio delle dinamiche fra genitori e figli).
- Gli approcci legati alla Teoria dei Sistemi.
- Gli approcci comportamentisti.
Auserwald (1987) propone un sistema di classificazione delle varie forme di terapia familiare ancora più generico:
- paradigma psicodinamico.
- Paradigma centrato sul sistema famiglia.
- Paradigma basato sui sistemi generici.
- Paradigma cibernetico.
- Paradigma dei sistemi ecologici.
Sempre nel 1962 gli esperti del settore riconobbero i seguenti 5 studiosi come i pionieri più importanti della terapia familiare, ossia quelli che avevano fornito alla terapia i contributi più significativi e innovativi:
- Virginia Satir.
- Nathan Ackerman.
- Don Jackson.
- Jay Halley.
- Murray Bowen.
Ackerman e Bowen si formarono entrambi presso la Menninger Clinic nei tardi anni ’40 / primi anni ’50: erano entrambi medici e psicanalisti.
NOTE:
[1] Nell’ambito della teoria psicoanalitica, con l’espressione istanza intrapsichica si intende una delle tre entità presenti nella topica individuata da Sigmund Freud (modello strutturale) per descrivere il meccanismo di funzionamento della psiche dell’individuo: l’Io, l’Es ed il Super Io [Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Istanza_intrapsichica] – Vedi anche questo mio articolo: https://lanuovamespirituale.com/2022/06/28/le-differenze-fra-inconscio-e-subconscio-la-psicanalisi-di-freud-vs-la-psicologia-di-c-g-jung-con-un-esempio-di-mancata-integrazione-del-genitore-analisi-transazionale/.
[2] La Psicopatologia è lo studio dei disturbi mentali e delle patologie derivate da questi ultimi.
MURRAY BOWEN E I SUOI STUDI SULLA SCHIZOFRENIA
Murray Bowen lavorò presso la clinica Menninger fra il 1946 e il 1954, studiando la diade fra madre e bambino schizofrenico: i pazienti risiedevano presso la clinica, al fine di essere costantemente monitorati e studiati.
Fra il 1954 e il 1959 Bowen si trasferì al National Institute of Mental Health (NIMH), dover formulò l’ipotesi che nella dinamica fra madre e figlio schizofrenico fosse coinvolto anche il padre: da queste osservazioni nacque il fulcro della sua teoria, ossia l’idea che esista una TRIADE, una Triangolazione, fra mamma – papà – e bambino. Riuscì infatti a far ricoverare in clinica anche il padre, al fine di osservare le dinamiche fra i 3. Bowen giunse a comprendere che le stesse dinamiche che notava nelle famiglie schizofreniche si ritrovano anche nei nuclei familiari “normali”, ma con livelli di intensità molto minori:
Bowen comprese che la schizofrenia è la forma esasperata dei modelli familiari comuni. Infatti la famiglia vive in un mondo dominato dai sentimenti, e per lei è impossibile prendere decisioni che siano in contrasto con i sentimenti. Così le decisioni di importanza vitale vengono prese per alleviare l’ansia del momento. Se invece si riuscisse a pensare prima di prendere le decisioni, ci si renderebbe conto che da tali decisioni possono scaturire complicazioni anche molto gravi. In tal modo la famiglia diventa una “Massa di complicazioni” derivanti da anni di decisioni determinate dai sentimenti.
Fra il 1959 e la sua morte (avvenuta per un tumore ai polmoni, nel 1990), Bowen prestò servizio presso la Georgetown University.
Notiamo che la teoria di Bowen è l’unica terapia di famiglia a portare il nome di una persona.
Fu solo a partire dalla fine degli anni ’70 – inizi anni ’80 che finalmente i terapeuti familiari si mossero verso la Teoria dei Sistemi (la teoria di Bowen NON è basata su quest’ultima).
I LIMITI DELLA PSICANALISI
Bowen, nel suo libro Dalla famiglia all’individuo – la differenziazione del sé nel sistema familiare, spiega che la Psicanalisi di Freud è molto importante, poiché quest’ultimo è stato il primo a sviluppare una teoria completamente nuova riguardo la natura e l’origine della malattia emotiva: il suo concetto basilare è che la patologia sia l’esito di una perturbazione delle relazioni all’inizio della vita – questo perché i suoi pazienti ricordavano le loro esperienze infantili e le comunicavano dopo aver stabilito un’intensa relazione emotiva con l’analista. Nel corso dell’analisi si scoprì che i pazienti miglioravano e che gradualmente erano di nuovo in grado di “funzionare” quasi normalmente in società.
Per quanto nei secoli precedenti alle scoperte di Freud sia sempre esistito un orientamento a “parlare dei problemi”, fu Freud a dare una struttura concettuale alla relazione terapeutica, ciò che probabilmente diete inizio alla professione di psicoterapeuta.
Freud e i primi analisti hanno dato 2 contributi di importanza storica, ossia:
- la teoria che definiva la malattia emotiva come il risultato di un disturbo nelle relazioni distorte con gli altri.
- La scoperta e la concettualizzazione della relazione terapeutica (ossia fra paziente / cliente e terapeuta), la quale da allora è stata vista come un trattamento pressoché universale della malattia emotiva.
Ma il problema risiede nel modo in cui Freud concettualizzò le sue scoperte:
- Freud si ritrovò a dover trattare la malattia funzionale molto tempo prima che si fosse creato il concetto di una malattia priva di eziologia strutturale (ossia non si conosce il modo in cui si è prodotta la malattia).
- Freud, provenendo dallo studio della neurologia, per descrivere le sue scoperte utilizzò, finché gli fu possibile, un modello di malattia tratto dalla medicina: la sua concezione di “psicopatologia” ne è un esempio.
- In seguito Freud si servì di un miscuglio di altri modelli per descrivere ulteriori osservazioni, compresi modelli derivati dall’arte e dalla letteratura: pensiamo al concetto di “conflitto edipico”. Le sue scoperte vennero incorporate entro i fondamenti teorici della psichiatria e delle scienze sociali, per tentare di spiegare il perché di certi comportamenti umani. Il PENSIERO PSICANALITICO ebbe una grande influenza anche sulle arti: così abbiamo visto la comparsa di temi psicanalitici nella letteratura e nelle produzioni artistiche.
I successori di Freud accettarono le sue concezioni come una “verità basilare”, e si creò una grande chiusura nei confronti di innovazioni che potrebbero modificare e ampliare la teoria di base. In tal modo la PSICANALISI è divenuta un SISTEMA CHIUSO DI CREDENZE come le religioni, le filosofie e i dogmi: non emergono nuove conoscenze dall’interno del sistema, né tantomeno ci sono nuove acquisizioni dall’esterno.
Proprio gli STUDI SULLA TEORIA DEI SISTEMI spiegano che, man mano che il tempo passa e la tensione all’interno di un sistema chiuso aumenta, i soggetti che fanno parte del sistema cominciano ad essere in disaccordo fra di loro, a scindersi, separarsi e a formare diverse sette, correnti e scuole di pensiero. A questo punto il coinvolgimento emotivo nelle loro differenze è tale che non si rendono più conto di provenire dalle stesse radici. E questo è precisamente ciò che è accaduto agli eredi della psicanalisi.
A partire dagli anni ’30 anche la psichiatria ha incorporato i concetti basilari della Psicanalisi, tanto che sono divenute molto simili fra di loro, eccetto che per qualche piccola differenza. Pure la società in generale ha adottato la teoria psicanalitica, così quest’ultima si è trasformata in un dogma, diventando “legge”: determina le regole e le leggi che governano i tribunali, le scuole, i servizi di assistenza, e tutte le altre istituzioni sociali.
Bowen racconta che, dopo essersi formato come psichiatra, iniziò a comprendere che esistevano molte incoerenze nella terapia psicanalitica, infatti gli sembrava che la malattia emotiva fosse un fenomeno così complesso da non poter essere spiegato semplicemente da relazioni disturbate in una sola generazione [ossia i problemi sono multigenerazionali, e non riguardano solamente genitori e figli, le malattie mentali della generazione corrente si sono sviluppate nel corso di diverse generazioni]. Bowen, come tanti altri psicoterapeuti che si sono occupati di famiglia e genealogia, rifiuta pure il concetto di “eredità genetica”, in quanto i disturbi dei figli sono sempre il risultato di problemi emotivi irrisolti delle generazioni precedenti.
BIBLIOGRAFIA
- Carl V. Rabstejnek, P.E., M.B.A., Ph.D., Family Systems & Murray Bowen Theory, (PDF), houd.info, s.d.: http://www.houd.info/bowenTheory.pdf.
- Murray Bowen, Dalla famiglia all’individuo – la differenziazione del sé nel sistema familiare, a cura di Maurizio Andolfi e Marcella de Nichilo, Casa Editrice Astrolabio, 1979.