Deprogrammazione e Riprogrammazione Mentale, Freud, Jung, Le Teorie sulla famiglia (Analisi Transazionale, Murray Bowen, Bateson / Palo Alto, studi transgenerazionali), Neville Goddard - legge degli assunti

Murray Bowen, “Teoria dei sistemi familiari”- parte 2 – L’ansia e il distacco emotivo come meccanismi di difesa: approfondimento sul tema “codipendenza” e “dipendenza” emotiva.



Parte 1 – introduzione al pensiero di Murray Bowen: https://nuovalanuovamespirituale.wordpress.com/2023/01/05/la-differenziazione-del-se-nel-sistema-famigliare-murray-bowen-come-si-generano-ansia-e-codipendenza-e-come-liberarsene/


Questo articolo è stato interamente tratto dal libro: La valutazione della famiglia. Un approccio terapeutico basato sulla teoria boweniana, di Michael E. Kerr e Murray Bowen, Astrolabio Ubaldini, 1990.

LA RIVOLUZIONE DI FREUD E LA NASCITA DELLA PSICANALISI:

Fino all’arrivo di Sigmund Freud (1856 – 1939), la malattia mentale era considerata il prodotto di un difetto strutturale del cervello del paziente. Invece Freud asseriva che gli esseri umani sono spinti da conflitti inconsci derivanti da esperienze infantili: ciò costituì un balzo in avanti verso una spiegazione psicologica del comportamento umano. I problemi, rivelò Freud, sono quindi nella FUNZIONE cerebrale, e non nella struttura cerebrale.

Inoltre Freud descrisse la relazione analista-paziente, spiegando che quest’ultima non è altro che il trasferimento della relazione che il paziente ha avuto con i suoi genitori nella sua infanzia sulla figura dell’analista (fenomeno conosciuto sotto il nome di Transfert). Se l’analista non è ben preparato o se si porta ancora dietro questioni irrisolte del passato, può effettuare un “Controtransfert: ossia, a sua volta proietta il rapporto che lui / lei ha avuto in infanzia con i suoi genitori sul paziente. Le basi della TEORIA PSICANALITICA sono proprio questi due concetti di Transfert e Controtrasfert.

Freud essenzialmente aveva una visione dell’umanità piuttosto cupa, poiché vedeva l’essere umano come preda dei suoi “istinti animali”.


LA RIVOLUZIONE DI MURRAY BOWEN E LA NASCITA DELLA “TEORIA DEI SISTEMI FAMILIARI”

MURRAY BOWEN (1913 – 1990) sostituì il termine “malattia mentale” con “malattia emotiva”, perché credeva che il PROCESSO EMOTIVO FONDAMENTALE che contribuisce allo sviluppo di PSICOSI, NEVROSI e ALTRI PROBLEMI fosse PRESENTE IN MOLTE FORME DI VITA. L’origine dei problemi è dunque molto più basilare di quanto appaia dalla nozione di “conflitto psicologico”.

ESEMPIO: una giovane femmina di delfino viene sottoposta ad un’eccessiva pressione da parte del suo allenatore affinché impari ad obbedire, così si isola e rifiuta di mangiare. Se succede una cosa simile con un’adolescente, la causa dell’isolamento e del rifiuto di mangiare viene attribuita generalmente ad un conflitto psicologico, e non si pensa che la ragione sia molto semplice!

Ma, anche se Bowen ha formulato una TEORIA DEI SISTEMI FAMILIARI, è errato supporre che si sia basato sulla TEORIA GENERALE DEI SISTEMI [vedi questa raccolta di articoli: https://nuovalanuovamespirituale.wordpress.com/freud-jung-teorie-sulla-famiglia-analisi-transazionale-murray-bowen-gregory-bateson-gruppo-di-palo-alto-studi-transgenerazionali/]:

la teoria generale dei sistemi si basa sulla convinzione che espressioni e modelli matematici analoghi siano applicabili ai seguenti campi:

  • biologia.
  • Scienze comportamentali.
  • Scienze sociali.
  • Scienze fisiche.

Per cui la famiglia, secondo tale prospettiva, opera sulla base di modalità simili alle dinamiche dei sistemi fisici.

Al contrario Bowen afferma che la famiglia è un sistema che nasce naturalmente, è un sistema naturale che esiste in natura senza intervento umano. Dunque i princìpi che governano un sistema naturale sono scritti in natura e non sono creati dal cervello umano. Il SISTEMA FAMILIARE UMANO, SECONDO BOWEN, NACQUE DAL PROCESSO DELL’EVOLUZIONE e non dal cervello umano [Bowen era un darwinista che aveva studiato in modo approfondito la biologia al fine di poter comprendere il comportamento umano].


IL SISTEMA EMOTIVO SECONDO IL PENSIERO DI MURRAY BOWEN

Il sistema emotivo è presente in modo naturale in tutte le forme di vita, ed è ciò che permette ad un organismo di ricevere informazioni (da sé stesso e dall’ambiente esterno), di integrarle e di rispondere sulla base di queste. Il sistema emotivo comprende anche gli istinti di sopravvivenza e di riproduzione. Un COMPORTAMENTO DETERMINATO DALLE EMOZIONI è AUTOMATICO, ISTINTUALE, e non ragionato.

Secondo Bowen il SISTEMA EMOTIVO DELLA FAMIGLIA È UN FENOMENO MULTIGENERAZIONALE, in quanto gli individui tendono a ripetere l’esempio dei genitori, trasmettendo così gli stessi schemi di pensiero e di comportamento ai loro figli. Questo è un esempio di “Diagramma di Famiglia” (vedi spiegazione più giù). 


CRITICHE ALLA PSICANALISI DI FREUD: 

La PSICANALISI dimentica che gli esseri umani, esattamente come gli insetti e gli animali, sono spinti a fare molte cose sulla base di processi che hanno origini più profonde e antiche in senso evoluzionistico rispetto al pensiero e al sentimento [vedi l’esempio della giovane femmina di delfino e di un’adolescente umana, le quali, entrambe sottoposte allo stesso tipo di stress, si ritirano dal mondo esterno per un istinto naturale di preservazione].

LA FAMIGLIA UMANA secondo Bowen

La FAMIGLIA UMANA è un’UNITÀ EMOTIVA o CAMPO EMOTIVO: il termine “campo” suggerisce la complessità degli stimoli emotivi che i membri di famiglia provocano, e a cui reagiscono a vari livelli. Il funzionamento determinato emotivamente dai membri di famiglia genera un’ATMOSFERA FAMILIARE o CAMPO EMOTIVO FAMILIARE. Come risultato di tale processo emotivo, le persone occupano nella famiglia diverse “posizioni di funzionamento”, e tale posizione influenza i valori, le opinioni, gli atteggiamenti, i sentimenti e i comportamenti di ciascun membro. Inoltre esistono delle ASPETTATIVE inconsce riguardo le varie posizioni, e queste sono simili in tutte le famiglie: per esempio il primogenito ha in genere una personalità e un ruolo diverso rispetto ai figli minori, e così via.

Tuttavia il livello di DIFFERENZIAZIONE [vedi articolo precedente: https://nuovalanuovamespirituale.wordpress.com/2023/01/05/la-differenziazione-del-se-nel-sistema-famigliare-murray-bowen-come-si-generano-ansia-e-codipendenza-e-come-liberarsene/] di una famiglia, e le particolari caratteristiche degli atteggiamenti genitoriali possono, entro certi limiti, alterare le aspettative riguardo le varie posizioni: per esempio se si impedisce al figlio maggiore di soddisfare le sue aspettative di primogenito, il secondogenito sviluppa alcune delle caratteristiche funzionali di un primogenito.

Il DIAGRAMMA DELLA FAMIGLIA usato da Bowen è stato erroneamente denominato “Genogramma”, poiché in questo caso NON si tratta di condurre una ricerca genealogica, ma si studia la condizione familiare del paziente al fine di prendere coscienza del “copione emotivo” di famiglia, per poter avere una visione unica della propria famiglia e della propria vita. Tale Diagramma costituisce una forma di “diagnosi familiare”, ed è molto complesso, ricco di annotazioni e quindi difficile da leggere. Qui troviamo una serie di simboli utilizzati da Bowen per creare questi “diagrammi di famiglia”, che sono molto simili (qui però per esempio è indicato il “livello di differenziazione” raggiunto da ciascun membro) a quelli impiegati nella “Psicogenealogia” di A. A. Schützenberger (da NON confondere con la “Metagenealogia” di Jodorowsky), la quale ha condensato le varie teorie della famiglia. Bowen nel suo libro spiega che: “I terapeuti familiari credevano di avere un “sé differenziato” per il semplice fatto di aver scoperto i nomi dei propri antenati. Dunque l’esplosione dell’interesse per la propria famiglia (iniziata con la pubblicazione del libro “Roots: The Saga of an American Family” (Radici), nel 1976) mise in secondo piano la conoscenza fondamentale di diversi concetti, come fusione, taglio emotivo (distacco emotivo), stato affettivo reattivo, sistema emotivo, differenziazione del sé e complesso di Triangoli”. – Io credo quindi che la Schützenberger sia stata la studiosa che ha condensato meglio di tutti le conoscenze della “terapia della famiglia” sviluppatasi nel corso del 1900 (includendo anche Bateson e il Gruppo di Palo Alto), tuttavia l’approccio di Bowen rimane comunque diverso rispetto a quello dell’odierna Psicogenealogia, così come quest’ultima ha un approccio diverso rispetto all’Analisi Transazionale – tutte queste teorie, pure essendo molto interessanti, se studiate e applicate singolarmente risultano però incomplete. 


IL SUPERFUNZIONANTE E IL MAL FUNZIONANTE

A causa degli squilibri che si verificano di frequente all’interno delle famiglie, abbiamo spesso:

  • un SUPERFUNZIONANTE (o codipendente): colui che si sente responsabile del benessere emotivo degli altri, e si adopera per colmare le “carenze” altrui. È normale per lui dire al malfunzionante cosa pensare, dire o fare. Può quindi trarre forza e fiducia dal fatto che altri dipendono da lui – ciò può essere spinto all’estremo, e quindi il superfunzionante può ammalarsi perché gli altri gli richiedono o lui chiede a sé stesso più di quanto possa realisticamente fare.
  • Un MAL FUNZIONANTE (o dipendente): sente di dipendere dal superfunzionante per fare cose che è riluttante a fare o che non sa fare da solo. In casi estremi ha bisogno che il superfunzionante gli dica cosa pensare, sentire o fare. Ha scarsa fiducia in sé stesso, e ha difficoltà a concentrarsi se non si tratta di compiti semplici. Si vede come un “peso per gli altri”. Può ammalarsi abbandonarsi totalmente al suo malessere interiore; se è malato cronico può però migliorare il suo funzionamento e ottenere una remissione sorprendente dei sintomi se il partner superfunzionante si ammala o muore.

Il SUPERFUNZIONANTE trae benessere dal fatto di aiutare gli altri, mentre il MAL FUNZIONANTE trae benessere dal fatto di essere l’oggetto di tale assistenza. Tuttavia, se la tensione in famiglia aumenta, queste due posizioni sono spinte verso gli estremi:

  • Il SUPERFUNZIONANTE esercita maggiore pressione su di sé per alleviare il suo disagio. Col tempo può assorbire una quantità sproporzionata del problema familiare, così si sente sempre più “carico” di pesi e responsabilità, oppresso e senza sostegno. Arriva in tal modo a mostrare sintomi di fobie: a questo punto si genera un mutamento in tale reciprocità superfunzionamento-disfunzionamento [ossia, il superfunzionante e il mal funzionante invertono i loro ruoli!], e il superfunzionante inizia a dipendere sempre di più dal malfunzionante e dagli altri affinché lo accompagnino e facciano delle cose per lui. La sua capacità di funzionare da solo si riduce sempre di più a causa dei suoi sintomi e a causa della disponibilità della famiglia a funzionare in sua vece in molte aree della vita: in tal modo si stabilisce un tipo duraturo di stabilità familiare, accompagnata dalla presenza di un sintomo cronico – è più facile per i familiari stabilire accordi per poter convivere col sintomo piuttosto che affrontare il processo relazionale che è alla base del sintomo! [meglio rimanere nello “schifo che si conosce” che andare verso il “benessere che non si conosce”, e che costringerebbe tutti a dover ammettere la propria parte di responsabilità].
  • Il MAL FUNZIONANTE esercita maggiore pressione sul superfunzionante per essere aiutato. Come descritto qui sopra, nel momento in cui il primo “crolla”, il malfunzionante assume il ruolo opposto!


LA “VISIONE A TUNNEL” O “HO PAURA DI GUARDARMI DENTRO!

Il fenomeno della VISIONE A TUNNEL si verifica quando occorre osservare sé stessi e si dà molta importanza solo ad un aspetto del problema, considerandolo come “qualcosa che fanno gli altri”: quando un soggetto è coinvolto emotivamente in una situazione o in un argomento, la risposta razionale può essere sommersa da risposte di intensa affettività e emotività, e tali risposte avvengono con una tale rapidità da coprire e modificare la risposta razionale. In altre parole, quando si è totalmente “dentro” (e quindi “parte” del) il problema, si fatica ad osservare sé stessi in modo obiettivo, perché una tale presa di coscienza impedirebbe di continuare a comportarsi in modo disfunzionale, ma è più facile e comodo, sicuro, vedere cosa fanno gli altri di sbagliato.

ESEMPIO: la moglie nota [ma questa è la sua prospettiva!] che il marito si è allontanato da lei, se ne sente minacciata e prova uno stimolo emotivo a ricercare il compagno. Tuttavia non ragiona e attribuisce l’allontanamento del marito all’indifferenza di quest’ultimo verso i suoi bisogni, e col tempo diventa ossessiva nelle proprie inadeguatezze [inizia perdere il suo equilibrio, a fare scenate, e così via].

Persino le persone che sostengono di “non avere alcuna idea” di quale sia il problema, generalmente hanno qualche idea che non esprimono. Il DINIEGO si verifica quando la persona è a qualche livello cosciente della parte che ha avuto nella genesi del problema, ma spende una gran quantità di energia a convincere sé stessa e gli altri della propria innocenza. In sintesi è qualcuno che non vuole assumersi la responsabilità di ciò che ha fatto.

L’INDIFFERENZIAZIONE NELLE RELAZIONI INTERPERSONALI

Gli INDIVIDUI POCO DIFFERENZIATI investono molta energia nelle relazioni, provocando così forte attaccamento, fusione e scarsa separazione emotiva con l’altro. Questo succede perché il soggetto indifferenziato manca quasi totalmente di uno sviluppo psicologico che gli / le permetta di essere un individuo separato – in altre parole, non ha una sua individualità. Prova dunque costantemente profondi desideri di essere amato, accettato e guidato per tutta la sua vita.

Se un soggetto viene cresciuto essendo sottoposto a forti pressioni affinché si adatti all’ansia, alla reattività emotiva e alla soggettività altrui, la sua vita viene fortemente dominata da processi emotivi, affettivi e soggettivi [in altre parole diviene incapace di distinguere fra emozioni sue e di altri].

Dunque NON si tratta affatto di “predisposizione genetica”, ma delle influenze alle quali si è stati sottoposti sin dalla più tenera età.

Un soggetto indifferenziato non ha alcuna capacità di funzionamento autonomo, quindi ha bisogno di essere coinvolto in una relazione emotivamente importante, altrimenti fa fatica a dirigere efficacemente la sua vita e a raggiungere un senso di benessere emotivo. Il suo funzionamento è dunque totalmente dipendente da ciò che avviene fra di lui / lei e l’altra persona. Diventa iper sensibile ed ha intense reazioni emotive [sono persone che reagiscono sempre di impulso, mostrando spesso grande rabbia verso gli altri perché non hanno ricevuto ciò che volevano, risultando così infantili, immature e insopportabili]. L’indifferenziato diventa prigioniero emotivo della relazione.

Un soggetto poco più differenziato ha lo stesso bisogno di essere in una relazione, dato che quest’ultima gli / le fornisce un’identità e un maggior senso di autostima: la relazione lo / la fa sentire rassicurato / a, e dà uno scopo alle sue azioni.

Al contrario un soggetto altamente differenziato sta bene anche se è solo: sa dirigere la sua vita senza il bisogno di un continuo rinforzo emotivo da parte degli altri. Mantiene sempre la sua autonomia e non cede a pressioni esterne, per quanto queste possano essere forti. Si dice quindi che ha la “capacità di essere autodeterminato”. Riflette prima di agire e non ha reazioni emotive automatiche.

CURIOSITÀ: le persone con un Q.I. elevato possono avere un funzionamento totalmente dominato dal loro sistema emotivo – persino uno schizofrenico può avere un Q.I. elevato. Dunque il Q.I. non dice nulla riguardo il grado di differenziazione del sé [così come essere in possesso di un certo titolo di studio non è garanzia di grande intelligenza!]

Quanto maggiore è l’interdipendenza del funzionamento emotivo in una relazione, tanto maggiore è il timore delle persone di essere minacciate dagli altri. Chi si sente minacciato prova rabbia, solitudine, insicurezza, senso di colpa, frustrazione, competitività e gelosia in risposta a ciò che accade nella relazione – per esempio la gelosia può essere provocata da una minaccia al proprio attaccamento emotivo ad un altro [è geloso e teme il tradimento chi è molto insicuro e dipende continuamente dall’approvazione altrui!].

Il soggetto indifferenziato percepisce principalmente 2 TIPI DI MINACCE:

  • TROPPO POCO coinvolgimento o connessione: ciò provoca la sensazione di isolamento, la convinzione di non avere sostegno e amore da parte degli altri, quindi la sensazione di essere rifiutati.
  • TROPPO coinvolgimento / eccessiva pressione o invadenza: ciò provoca la sensazione di affollamento, intrappolamento, eccessivo controllo da parte dell’altro, soffocamento e “assorbimento” (nell’altro).

Nel primo caso abbiamo un individuo che ha bisogno costante di essere in una relazione, come se fosse un bambino bisognoso di amore, mentre nel secondo caso è un soggetto che “chiude il suo cuore” all’amore, per paura di essere “travolto emotivamente” dall’altro – come gli è successo con i genitori (con i quali era totalmente “fuso”). Sono entrambi modi distorti di relazionarsi con gli altri.

Infatti le persone indifferenziate possono percepire in modo distorto la realtà (distorsione soggettiva della realtà), e attribuire erroneamente agli altri la colpa del proprio senso di inadeguatezza e di rifiuto.


ILLUSTRAZIONI GRAFICHE: in direzione di A e B abbiamo la rappresentazione grafica di una relazione in cui il funzionamento di ogni persona è quasi completamente determinato dal “processo di relazione” (ossia le due persone sono molto “fuse” fra di loro, fanno “corpo unico”); C è una via di mezzo, una relazione che coinvolge due individui molto più differenziati rispetto alle coppie A e B; D rappresenta una relazione (teorica, secondo Bowen) fra due individui totalmente differenziati che, seppure sono coinvolti attivamente in una relazione, rimangono tuttavia “auto-determinati”. In direzione di C e D abbiamo quindi rappresentata graficamente la condizione di due persone in una relazione in cui il funzionamento di ciascuno dei due è poco o per niente determinato dal processo di relazione (ossia, sono due individui indipendenti e ben differenziati).


L’ANSIA e il DISTACCO EMOTIVO COME MECCANISMI DI DIFESA:

L’ANSIA è la RISPOSTA ALLA SENSAZIONE DI ESSERE MINACCIATI. L’ansia indebolisce la sensazione di benessere emotivo, così le persone agiscono automaticamente in modo da attenuare l’ansia; di conseguenza la flessibilità della relazione si riduce sempre di più.

Al contrario due individui ben differenziati non si sentono facilmente minacciati l’uno dall’altro, e la loro relazione è molto flessibile: periodi di intimità e di distanza sono tollerati ugualmente bene, e ognuno è libero di avvicinarsi o allontanarsi all’altro, o di far avvicinare o allontanare l’altro da sé senza per questo sentirsi minacciato.

I soggetti altamente indifferenziati provano ansia cronica in tutte le relazioni, e possono finire per eliminarle tutte e rimanere da soli, al fine di evitare il disagio che comportano. Evitano gli altri e sono evitati dagli altri a causa dei problemi provocati dalle relazioni durevoli: l’isolamento in questo caso è provocato dall’acuta sensibilità all’ambiente emotivo.

Soggetti leggermente più differenziati diventano dei “nomadi di relazione”: quando il processo diventa troppo intenso, cambiano relazione.

Soggetti un po’ più differenziati ma che sono ancora vulnerabili, possono evitare i coinvolgimenti intensi e riuscire a mantenere una rete di relazioni meno intense, le quali permettono una maggiore distanza emotiva e non sono quindi “minacciose”.


LA RIBELLIONE NELL’ADOLESCENTE

La ribellione nell’adolescente NON è un fenomeno “normale” né desiderabile, poiché essa riflette la mancanza di differenziazione che esiste fra il figlio e i suoi genitori. Il ribelle è infatti una persona fortemente reattiva, il cui è scarsamente sviluppato: agisce in opposizione ai genitori e agli altri. I genitori sono abbastanza insicuri di sé stessi da reagire automaticamente al comportamento di “acting out” del figlio. La maggior parte dei valori e delle credenze del figlio ribelle si forma in opposizione alle credenze altrui, e sono basate più sulla reattività emotiva che sulla riflessioni, infatti il ribelle ha in genere opinioni incoerenti. Quando il ragazzo lascia la sua famiglia, riproduce con altri un tipo di relazione come quella familiare [come succede in tutti gli altri casi]: ossia relazioni con scarsa separazione emotiva.

ATTRIBUIRE “TUTTA LA COLPA” AGLI ALTRI

I soggetti ribelli e poco differenziati ritengono che la loro insicurezza emotiva sia dovuta al fatto di essere stati “trascurati emotivamente” dalla propria madre quando erano piccoli: credono che la loro madre non sia stata abbastanza “disponibile”, che non ha dato loro l’approvazione e l’accettazione di cui avevano bisogno.

Possono quindi decidere di “soffocare di attenzione” i loro figli, per distinguersi dal genitore “freddo” che hanno avuto, provocando così gravi problemi alle generazioni future, perché, con la scusa di “esserci” per il figlio, stanno chiedendo al figlio di dare loro tutto l’amore che credono di non aver ricevuto da piccoli [fenomeno anche conosciuto sotto il nome di “Genitorializzazione”].

In verità il figlio che accusa il genitore di essere la causa delle sue insicurezze è fortemente dipendente proprio dal genitore che critica tanto, e rende ancora più dipendente da sé il figlio.

Il fatto di non sentirsi sicuri, amati, e la percezione di essere rifiutati da tutti derivano da un’indifferenziazione con la propria madre. Infatti la MANCANZA DI SEPARAZIONE EMOTIVA fa provare INSODDISFAZIONE, SOLITUDINE e FREDDEZZA. Maggiore è la fusione fra due o più persone, maggiore è il senso di isolamento che si prova [è tutto l’opposto di ciò che appare]. LE PERSONE CHE TENDONO A SENTIRE PIÙ FACILMENTE LA MANCANZA DI CONNESSIONE CON GLI ALTRI, SONO PROPRIO QUELLE CHE IN INFANZIA ERANO CONNESSE PIÙ INTENSAMENTE AI LORO FAMILIARI.

Chi ritiene che i propri genitori siano responsabili della propria crescita e che siano la causa dei propri problemi, continua per tutta la sua vita ad accusare i genitori e a cercare qualcuno che finalmente possa dargli ciò di cui ha “bisogno” [secondo Bowen i “bisogni emotivi” sono soltanto dei finti desideri o capricci che nascono da una percezione distorta della realtà, e nessuno di noi “muore” se tali “bisogni” non vengono soddisfatti]. Di conseguenza, se le persone abbandonano l’idea che i genitori “dovrebbero fare le cose in modo giusto”, hanno maggiori possibilità di “crescere autonomamente”, di differenziarsi.

Il soggetto poco differenziato è una “creatura opportunistica” che può facilmente sacrificare il suo futuro benessere per facili stati affettivi del momento [in altre parole, preferisce rimanere nel suo stato di involuzione e sofferenza, appagando i suoi “istinti” nell’immediato, piuttosto che impegnarsi a cambiare, per costruire un futuro migliore].

“Ciò che neghi, ti sottomette.
Ciò che accetti, ti trasforma”.

– Carl Gustav Jung,

da: https://aforisticamente.com/le-piu-belle-frasi-di-carl-gustav-jung/.

Lascia un commento